Giulia e Filippo, le tappe di una relazione ‘normale’: la scomparsa della madre di lei, le passioni di lui, i messaggi ossessivi e le red flag
Le bandiere rosse per gli esperti sono “i segnali che indicano pericolo”, ma come riconoscerli nell’ambito della routine? Come distinguere la linea sottile che divide amore da possessione, gelosia da malattia mentale, normalità da inquietudine? Perché dopo è sempre facile, prima occorre prevenire, ma soprattutto educare

Filippo Turetta nasce a Torreglia, sui Colli Euganei, quindici chilometri da Padova. Famiglia di ristoratori. Per vent’anni Nicola ed Elisabetta Turetta gestiscono ‘laCicogna’, nella parte alta della città. Nel 2011, vendono. Il padre rimane a lavorare come cuoco, la madre si occupa dei figli. Benestanti, con giudizio. Quello che una volta si chiamava ceto medio. I Turetta abitano da poco in un condominio multipiano nel centro della cittadina. Era la casa del nonno, mancato due anni fa.
La villetta dove è cresciuto Filippo, e nella quale amava tornare, è sempre a Torreglia, ma sui Colli, in mezzo al verde. Hanno due auto normali, sono una famiglia classica o “quadrata”, sui libri di psicologia viene indicato così il gruppo formato da padre madre e due figli. Lui frequenta l’’Alberti’ di Abano Terme, che non è una scuola esclusiva, come è stata talvolta definita in questi giorni, ma un buon liceo di provincia. Timido e riservato, taciturno, appassionato di motocross e di trekking. Nel 2019 frequenta un corso di orientamento, finalizzato ai percorsi sui Colli Euganei e sulle Dolomiti. Null’altro da segnalare.
Alto e magro, soprannominato ‘Tubo’ per via dell’aspetto fisico. Gioca per tre anni nelle giovanili della squadra di pallavolo locale. Non ha il sacro fuoco dello sport. Lascia al terzo anno di università, nel 2022, per concentrarsi sugli studi. Anche questo è un percorso tipico dei ragazzi della sua età.
Giulia Cecchettin nasce a Saonara, l’ultimo comune della provincia di Padova prima di Venezia. Come sua madre, Monica Camerotto. Suo padre Gino è titolare di una piccola azienda informatica, che produce software. Cinque dipendenti. Conduzione familiare, o quasi. I Cecchettin abitano da vent’anni a Vigonovo. Poco distante, dove risiede la famiglia di lui.

Tre fratelli. Elena, Giulia e poi D., ancora minorenne. Lei frequenta il ‘Tito Livio’ di Padova, che è considerato invece il liceo classico della Padova bene. Tanti allievi illustri, tra i quali il futuro Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che ci studiò nel biennio 1941-42 perché sfollato da Napoli a causa della guerra.
L’allieva Giulia si diploma con il massimo dei voti. Intelligenza al di sopra della media, la ricordano così i suoi professori, enorme facilità di apprendimento, poco interesse per le materie umanistiche, a parte la passione per le arti grafiche, che le rimane dentro. Una ragazza molto semplice, questo il ricordo prevalente, che aveva lasciato la vena ribelle alla sorella maggiore Elena. Sceglie la facoltà di ingegneria, indirizzo biomedico.
LA FREQUENTAZIONE
Giulia e Filippo si conoscono durante l’università. Alla fine del 2021, cominciano a frequentarsi. Quelli di prima sono i fatti. Da qui in poi, possiamo solo soppesare indizi sparsi, valutazioni fatte sui rispettivi profili social. Non è una relazione alla pari. Succede. Giulia ha altro per la testa. La foto di lei abbracciata a sua madre, l’abbiamo vista tutti. Sono due gocce d’acqua. La stessa forma del viso, gli stessi lineamenti.

Monica si ammala nel 2016. Quasi da subito, la prognosi è infausta. Possiamo solo immaginare cosa siano stati quegli anni, nella vita di una adolescente, il lento spegnersi della persona più importante della sua vita, e solo vane speranze di non perderla. Pochi mesi prima della morte di sua mamma, dopo un anno e mezzo di fidanzamento, Giulia lascia Filippo una prima volta. Forse ha capito che quella storia richiede un impegno superiore alle sue forze. Forse, semplicemente, non è innamorata.
Il 20 ottobre del 2022 Monica Camerotto si spegne a soli 51 anni. “Da quando ha scoperto la malattia” scrive su Facebook il marito Gino, “ha lottato con tutte le sue forze per uscirne e per restare con la sua famiglia: non si è mai scoraggiata nonostante le difficoltà, aveva dentro di sé una grandissima fede e tanta forza”.
Nel gennaio del 2023, Giulia e Filippo si rimettono insieme. La storia finisce ancora ad agosto. Ma non la frequentazione. La compagnia rimane la stessa. Un gruppo di amici universitari uniti dalla passione per le escursioni e i viaggi, più montagna che mare. Da quello che racconta Elena, sua sorella continua a uscire con lui perché Filippo sta male. Gli episodi che ha raccontato risalgono tutti a questa seconda fase della relazione.
LE AVVISAGLIE, LE ‘RED FLAG’
Le scenate perché talvolta sul telefonino di Giulia appariva la doppia spunta grigia di WhatsApp anche dopo il suo quotidiano messaggio della buonanotte, come se lei fosse stata obbligata a non avere più alcun contatto o scambio di messaggi con il mondo dopo il saluto. Lui esce poco. Giulia esce spesso con le amiche. Ogni volta, viene inondata dai suoi messaggi di rimprovero. All’inizio risponde, poi smette. Lei va a Padova per fare shopping. Lui si propone per accompagnarla. No, grazie. Lui si presenta ugualmente alla fermata dell’autobus.
Filippo le chiede di rallentare con il ritmo degli esami, di dargli una mano a raggiungerlo. Non va male, solo lei è più veloce. Eppure, si comporta come se ci fosse una gara a due. Una competizione, non una relazione. Anche qui. La promessa/minaccia del suicidio in caso di abbandono, reiterata nel caso lei avesse deciso di prendere le distanze da lui anche una volta tornati a essere semplici ‘amici’. “Lui era dipendente da lei, non aveva altre fonti di gioia nella vita. Ma le fonti di gioia si trovano” dice Elena. Filippo non voleva stare meglio. Non cercava aiuto. Voleva che tutto tornasse come lui aveva deciso che fosse. Quel che voleva o diceva Giulia, non aveva alcuna importanza.

Non era violenza in senso stretto, lo riconosce anche Elena. Ma se c’è controllo, se c’è ossessione, c’è sopraffazione. Venerdì, il giorno prima dell’ultimo giorno, lei e Filippo vanno alla Gourmetteria di via Zabarella, nel cuore di Padova, per prenotare la sua festa di laurea. Decidono tutto insieme. Antipasti, bottiglie, numero di invitati, e disposizione dei tavoli. Doppio turno. All’ora di pranzo una quindicina di parenti. A cena, gli amici. Sorridevano e scherzavano, racconta il ristoratore.
La fine è nota, purtroppo. Soltanto Filippo Turetta può dire cosa è successo tra venerdì pomeriggio e la notte di sabato. Cosa si siano detti, lui e Giulia, se ci sia stata premeditazione o meno. Tutto il resto, “non ha avuto neanche il coraggio di ammazzarsi”, le frasi sui social, persino il cordoglio generale, è rumore di fondo. Ma ciò che resta è solo l’ennesimo orrendo delitto, che fa ancora più male perché commesso da un ragazzo di ventidue anni, da un ragazzo che dovrebbe appartenere a una nuova generazione, che ci illudiamo sia depurata da una cultura maschilista e tossica, impregnata da un nuovo modo di intendere i rapporti tra donna e uomo. Ma forse non è ancora, purtroppo, del tutto così.