[La storia] La rabbia di un padre: "Per vedere il corpo di mio figlio Autostrade mi ha chiesto il pedaggio"
"Mio figlio era qui per lavorare, aveva solo 35 anni e 4 figli", è distrutto dal dolore Giuseppe, il padre di Luigi Matti Altadonna, una delle vittime del ponte di Genova

Chiunque poteva essere su quel ponte. La tragedia di Genova riguarda tutti. Ora qualche partito politico tenterà, qualcuno lo sta già facendo, di trarre profitto elettorale da questa immane vergogna, ma quel che sconquassa l’anima è che molto probabilmente non cambierà nulla. Perché tutto deve andare avanti, nonostante tutto e tutti: in questo mondo c’è sempre meno spazio per la compassione e per la solidarietà, lo dimostra anche il caso di Giuseppe Matti Altadonna, il babbo di Luigi, un lavoratore di 35 anni che sotto le macerie del ponte ‘Morandi’ ha perso la vita, lasciando sola la moglie, Lara, e 4 bambini dai 3 ai 12 anni.
Giuseppe era corso nel luogo dell’incidente, ma per raggiungere il figlio avrebbe dovuto, secondo un dipendente di Autostrade, pagare il pedaggio. "Stamattina ho preso l'autostrada da Genova a Borghetto Santo Spirito. E' un casello automatico ma c’erano dei dipendenti, in un ufficio a fianco. Non volevo pagare il pedaggio, mi è scattato qualcosa da dentro, proprio un rifiuto. Sei euro e settanta. Non mi sentivo di dare dei soldi alle Autostrade. Ho parlato con quelle persone, ho spiegato il motivo. Loro mi hanno risposto che non potevano farci niente. Mi hanno detto che dovevo pagare e basta, se volevo che la sbarra si alzasse”, ha spiegato alla cronista di quotidiano.net.
Quella brutta mattina del 14 agosto Giuseppe, ex sottoufficiale della polizia penitenziaria, aveva chiesto al figlio (come fanno tutti i genitori) di non correre (del resto il clima virava al brutto). Prudenza inutile: il suo ragazzo è precipitato con il furgone dell’azienda che lo aveva appena assunto. Giuseppe dice a quotidiano.net: "Ho servito lo Stato perché ci credo". E lo Stato lo ha ripagato così. La storia di questo padre è già diventata simbolo. "Hanno fatto pagare addirittura le ambulanze e i mezzi di soccorso, nei giorni della strage, ma sarà possibile - si chiede -. Domani vado a parlare con il responsabile del tronco. Qui c’è il sangue di mio figlio, io di soldi alle Autostrade non gliene voglio più dare. A costo di rompere la sbarra, la prossima volta che passo. Stavolta non l’ho fatto perché la macchina era di un amico. Poi mi denunciano, mi cercano, fanno quel che vogliono. Ho chiesto la ricevuta, la voglio tenere".
"Non ce l'ho con gli impiegati, loro lavorano. Ma potevano fare una telefonata, sentire, informarsi... Ora sono curioso di vedere cosa mi risponderanno. Non sono i soldi, 7 euro non mi cambiano la vita. Ma è come se pagassi il sangue di mio figlio”. Il racconto di Giuseppe è supportato su Facebook anche dall’altro figlio, Michele: “Saliamo sulla macchina per andare dai parenti con cui mio fratello amava stare, paghiamo il pedaggio euro 6.70. Ma con tutti i soldi che noi italiani versiamo all'associazione Autostrade, al ponte Morandi non si poteva avviare la giusta manutenzione? È possibile che la rabbia che ci causa l'istituzione è più grande della sofferenza della morte di mio fratello? Ogni giorno sono più convinto di scappare per sopravvivere all'Italia”. Parole che si commentano da sole. Durante il rosario recitato dal cardinale e arcivescovo di Genova Angelo Bagnasco, Giuseppe Matti Altadonna si è accasciato accanto alla bara del figlio ed è stato soccorso dal 118. L'uomo è stato trasferito in ospedale per accertamenti. E’ già iniziato il tempo dei ricordi e del dolore. Ci sarà anche giustizia? Qui lo Stato si gioca tutta la sua credibilità, quel poco che gli è rimasto.