Francesco e l’attualità del condannato Gesù. Il Papa firma i testi della Via Crucis al Colosseo
La guerra che rischia di espandersi e la pace difficile al centro dei riti della Settimana Santa che richiedono conversione. L’esempio dell’incontro con le donne recluse a Rebibbia
C’è una lettera di papa Francesco ai cattolici della Terra Santa che scommette sulla speranza della pace. La Lettera è stata pubblicata mercoledì santo e richiama la passione di Gesù dentro il contesto delle sofferenze provocate dalla “guerra assurda” tra Israele e Hamas che destabilizza il Medio Oriente, tenendo il mondo con il fiato sospeso. Francesco ringrazia i cattolici di Terra Santa perché in un frangente così difficile “sapete sperare contro ogni speranza”.
La lettera di papa Francesco ai più bisognosi
"Alla vigilia di questa Pasqua, che per voi sa tanto di Passione e ancora poco di Risurrezione, sento il bisogno – confida Francesco nel testo affettuoso - di scrivervi per dirvi che vi porto nel cuore. Sono vicino a tutti voi, nei vostri vari riti, cari fedeli cattolici sparsi su tutto il territorio della Terra Santa: in particolare a quanti, in questi frangenti, stanno patendo più dolorosamente il dramma assurdo della guerra, ai bambini cui viene negato il futuro, a quanti sono nel pianto e nel dolore, a quanti provano angoscia e smarrimento. […] Il Signore Gesù, nostra Vita, come Buon Samaritano versi sulle ferite del vostro corpo e della vostra anima l’olio della consolazione e il vino della speranza. […] In questi tempi oscuri, in cui sembra che le tenebre del Venerdì santo ricoprano la vostra Terra e troppe parti del mondo sfigurate dall’inutile follia della guerra, che è sempre e per tutti una sanguinosa sconfitta, voi siete fiaccole accese nella notte; siete semi di bene in una terra lacerata da conflitti. […] Rinnovo l’invito a tutti i cristiani del mondo a farvi sentire il loro sostegno concreto e a pregare senza stancarsi, perché l’intera popolazione della vostra cara Terra sia finalmente nella pace”.
La Pasqua che viene a conclusione della Quaresima porta comunque un messaggio di gioia nella convinzione – ripete il Papa nei diversi riti del giovedì e venerdì santo – "che per ciascuna persona e per le società di ogni continente sia necessaria una conversione che faccia prevalere il bene sul male, la fraternità sull’odio, la pace sulla guerra". A quanti hanno potuto seguire la messa di Francesco con la lavanda dei piedi a 12 donne del carcere femminile di Rebibbia che conta 370 recluse e un bimbo di tre anni, non sarò sfuggito il sorriso del Papa rivolto a ognuna dopo aver lavato, asciugato e baciato il piede. Il rito prevedeva questo, ma Francesco lo ha umanizzato con un sorriso grande, paterno, affettuoso. "Il bene non si fa a dispetto o con il muso, ma con gioia, facendosi carico della situazione particolare delle persone".
Nel carcere – con più precisione Casa Circondariale Femminile di Rebibbia di Roma - il Papa ha improvvisato un’omelia a braccio di dieci righe, richiamando due episodi del Vangelo degni di nota: “La lavanda dei piedi di Gesù: Gesù si umilia, e con questo gesto ci fa capire quello che aveva detto: 'Io non sono venuto per essere servito, ma per servire'. Ci insegna il cammino del servizio. L’altro episodio – triste – è il tradimento di Giuda che non è capace di portare avanti l’amore, e poi i soldi, l’egoismo lo portano a questa cosa brutta. Ma Gesù perdona tutto. Gesù perdona sempre. Soltanto chiede che noi chiediamo il perdono. Una volta, ho sentito una vecchietta, saggia, una vecchietta nonna, del popolo… Ha detto così: 'Gesù non si stanca mai di perdonare: siamo noi a stancarci di chiedere perdono'.
Chiediamo oggi al Signore la grazia di non stancarci. Sempre, tutti noi abbiamo piccoli fallimenti, grandi fallimenti: ognuno ha la propria storia. Ma il Signore ci aspetta sempre, con le braccia aperte, e non si stanca mai di perdonare. Adesso faremo lo stesso gesto che ha fatto Gesù: lavare i piedi. È un gesto che attira l’attenzione sulla vocazione del servizio. Chiediamo al Signore che ci faccia crescere, tutti noi, nella vocazione del servizio”.
Canti, lacrime, scambio di doni
Canti, lacrime e scambio di doni hanno segnato l’incontro di Francesco con le donne recluse. Si è trattato di un incontro atteso e desiderato dalle donne recluse e anche dal Pontefice che ha sempre riservato la messa vespertina del giovedì santo per incontri con persone e gruppi particolarmente sofferenti. Il venerdì santo è un giorno di lutto per i cristiani che ricordano la passione, crocifissione e morte di Gesù. Il giorno in cui Cristo è abbandonato da tutti, anche dai suoi discepoli, salvo sua madre, un gruppo di donne e un apostolo. Questo giorno che richiama la fragilità universale dell’umanità viene celebrato anche con il rito della Via Crucis, un modo popolare ed eloquente di porsi in ascolto del senso di una morte accolta da Gesù per il bene di quanti si sono amati, cioè di tutti.
La Via Crucis appartiene alla religiosità popolare che ha incontrato l’approvazione e la pratica anche della Chiesa ufficiale. È il modo più diretto con il quale la gente sente Gesù Cristo vicino all’esperienza della fatica di vivere e del morire che non risparmia neppure gli innocenti. Gli occhi di tutti sono oggi puntati alle 21.15 per vedere se papa Francesco sarà lui a presiedere la grande celebrazione della Via Crucis al Colosseo, trasmessa in tutto il mondo. Finora è confermata la sua presenza. E comunque vada, il papa sarà presente. È infatti la prima volta, negli undici anni di pontificato, che il commento alle 14 stazioni della Via Crucis è firmato da Francesco. Dopo vescovi, religiosi, intere famiglie, giovani, studenti, coppie di sposi, missionari, migranti, profughi di guerra, è il Papa stesso autore delle meditazioni.
'In preghiera con Gesù sulla via della Croce' è il tema scelto per le riflessioni nell’anno di preghiera indetto in preparazione al prossimo Giubileo al quale il Papa ha dato per tema 'Pellegrini della speranza'. La virtù richiesta per non cedere al pessimismo in un mondo segnato dagli egoismi nazionali e dalla mobilitazione crescente per la guerra che nessuna autorità politica pare disposto a contrastare. In questo clima inquietante e inquieto Francesco le sta provando tutte per riportare la situazione mondiale alla ragione. La Via Crucis diventa, pertanto, un colloquio con Gesù condannato a morte che, secondo il Papa, resta il solo interlocutore credibile delle donne e degli uomini d’oggi per riaccendere la speranza in un mondo migliore.
Spogliarsi “di tante esteriorità”
Non è soltanto suggestivo, ma stimolante questo ragionare di Francesco con il silenzio di Gesù nell’ora della passione, quando un innocente muore per tutti. Una figura di uomo che non insegue il sogno di superuomo, ma propone l’esempio di un uomo comune, alternativo all’uomo egoista, vanitoso, vendicativo, nutrito dall’odio e dal rancore. La pace passa per questo rinnegare sé stessi per potersi realizzare in un mondo nel quale “basta una tastiera – rileva il Papa – per insultare e pubblicare sentenze”. Davanti “al falso processo” che lo condanna, un silenzio fecondo che “è preghiera, è mitezza, è perdono, è la via per redimere il male”, per convertire ciò che viene sofferto in un dono offerto, spiega Francesco.
Un silenzio che l’uomo di oggi non conosce, perché non trova il tempo per fermarsi e rimanere con Dio e “per lasciare agire” la sua Parola, ma che “scuote”, perché insegna che la preghiera nasce “da un cuore che sa stare in ascolto”. Nella Via Crucis di Francesco non manca un riconoscimento alla presenza femminile nel mondo. L’incontro di Gesù con le donne di Gerusalemme nell’ottava stazione della Via Crucis Gesù offre spunto al Papa per invitare “a riconoscere la grandezza delle donne, loro che a Pasqua sono state fedeli e vicine” al Cristo, “ma che ancora oggi vengono scartate, subendo oltraggi e violenze”.
"Il loro pianto ci fa chiedere se sappiamo commuoverci davanti a Gesù, crocifisso per noi, se piangiamo le nostre falsità o di fronte alle tragedie, alla follia della guerra, a volti di bimbi che non sanno più sorridere, a madri che li vedono denutriti e affamati e non hanno più lacrime da versare”. E contemplando Cristo spogliato delle vesti (nona stazione), l’invito del Papa è a vedere Dio fattosi uomo “nei sofferenti”, “in chi è spogliato di dignità, nei cristi umiliati dalla prepotenza e dall’ingiustizia, da guadagni iniqui fatti sulla pelle degli altri nell’indifferenza generale” e a spogliarsi “di tante esteriorità”.