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Femminicidio di Martina Scialdone: condannato all'ergastolo Costantino Bonaiuti. La famiglia: "Giustizia è fatta"

L'avvocata fu uccisa fuori da un ristorante il 13 gennaio del 2023

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La Corte d'Assise di Roma ha condannato all'ergastolo Costantino Bonaiuti, l'ingegnere responsabile dell'omicidio dell'avvocata Martina Scialdone, avvenuto il 13 gennaio 2023 all'esterno di un ristorante nella zona dell'Appio Latino. La sentenza ha accolto le richieste della Procura, che ha contestato le aggravanti della premeditazione, dei futili motivi, del legame affettivo e del porto abusivo di arma.

Il femminicidio al ristorante

La sera del delitto, Martina aveva deciso di comunicare la sua intenzione di chiudere la relazione con Bonaiuti. Secondo l'accusa, l'uomo, armato di una pistola Glock regolarmente detenuta ma con licenza a uso sportivo, non ha accettato la decisione, scatenando una violenta lite che si è conclusa con un colpo di pistola a bruciapelo. Martina aveva cercato di rifugiarsi nel bagno del ristorante durante una discussione accesa. Il proprietario del locale, notando la tensione, aveva allertato il 112, ma l'intervento non è riuscito a prevenire la tragedia. "Fatti i c... tuoi", così Bonaiuti rispose al proprietario del locale intervenuto per cercare di fare tornare la calma tra i due e vedendo la ragazza in lacrime. Una situazione tesa al punto che il ristoratore allertò il numero di emergenza del 112. La lite tra i due però proseguì anche fuori dal locale. Bonaiuti cominciò a strattonare la ragazza, a tenerla per un braccio fino al tragico epilogo, fino a quel colpo di pistola sparato a pochissima distanza.

La confessione

Dalle carte dell'indagine è emerso inoltre che Bonaiuti intorno alle 23.30 telefonò alla ex moglie, con cui conviveva, riferendole di aver sparato a Martina a causa di "un colpo partito per sbaglio". Nel suo intervento il pm ha citato anche una serie di testimonianze fornite dalle amiche della vittima da cui emerge la preoccupazione di Martina per quella serata. "L'ho sentita preoccupata - ha detto un teste - e le ho detto di chiamarmi per raccontare cosa accadesse. Ricordo che una volta raccontò di essersi un po' spaventata - aggiunge la testimone - in quanto durante una lite Costantino era diventato 'un cane rabbioso'".

La richiesta di perdono

Durante il processo, il pm Barbara Trotta ha ricostruito gli eventi attraverso testimonianze chiave, tra cui quelle di amiche di Martina, che avevano percepito la sua paura. Una testimone ha ricordato come la vittima descrivesse Bonaiuti come "un cane rabbioso" durante le liti. Nel corso del dibattimento. Nel corso del processo l'imputato ha chiesto perdono per quanto compiuto e anche nell'udienza di martedì ha rilasciato dichiarazioni spontanee. "Dio mio fa che non l'ho presa - ha detto raccontando del momento dello sparo -. Sono un cadavere vivente da quel giorno, mi trascino".

 

La reazione della famiglia

Dopo la sentenza, la madre e il fratello di Martina si sono abbracciati in lacrime. "Giustizia è stata fatta, ma Martina non tornerà. Una vita spezzata, una sofferenza che tocca tante famiglie, anche quella dell'assassino", hanno dichiarato, sottolineando come in tragedie simili non esistano vincitori.

 

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