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Sit-in a 40 anni dalla scomparsa, vicinanza di Francesco a mamma di Emanuela Orlandi

"In questi giorni ricorre il 40/o anniversario della scomparsa di Emanuela Orlandi. Desidero approfittare di questa circostanza per esprimere ancora una volta la mia vicinanza ai familiari, soprattutto alla mamma, e assicurare la mia preghiera. Estendo il mio ricordo a tutte le famiglie che sentono il dolore di una persona cara scomparsa". Lo ha detto papa Francesco all'Angelus.

Carlo Di Ciccodi Carlo Di Cicco   
Foto Ansa
Foto Ansa

In questi giorni ricorre il 40° anniversario della scomparsa di Emanuela Orlandi. Desidero approfittare di questa circostanza per esprimere, ancora una volta, la mia vicinanza ai familiari, soprattutto alla mamma, e assicurare la mia preghiera. Estendo il mio ricordo a tutte le famiglie che portano il dolore di una persona cara scomparsa”. Parole vere, umane, pesate da papa Francesco nel dopo Angelus odierno in coincidenza con i 40 anni della scomparsa di Emanuela Orlandi, una storia rimasta oscura che riaffiora nell’opinione pubblica di tanto in tanto. In Piazza san Pietro tra i tantissimi pellegrini e persone di ogni ceto anche un centinaio di manifestanti in compagnia del fratello Pietro, con striscioni e foto della ragazza. Le parole del Papa andrebbero lette in controluce, oltre le dicerie e le trame gialle entro cui, in mancanza di certezze, finora hanno circondato la vicenda restata finora un caso giudiziario insoluto.

Nei giorni scorsi il pubblico ministero vaticano ha trasmesso alla procura italiana gli atti finora in possesso del Vaticano. Ma pare improbabile che la nuova inchiesta possa giungere a conclusioni molto diverse. Tre le sottolineature del pontefice: vicinanza alla famiglia di Emanuela e in particolare alla mamma; non menziona il fratello che più volte ha posto sotto accusa il Vaticano con ipotesi perfino raccapriccianti. Francesco precisa poi che la vicinanza alla famiglia di Emanuela non è la prima volta espressa da lui; la vicinanza viene allargata anche alle tante famiglie che hanno avuto analoghe esperienze dolorose per scomparsa di un familiare.

Ma l’attualità del dopo Angelus odierno è data anche da altri fattori: il dolore espresso pubblicamente dal papa per la tragedia di martedì scorso, 22 giugno, avvenuta in una prigione femminile di Tàmara in Honduras, dove “una terribile violenza tra bande rivali ha seminato morte e sofferenza” con ben 46 morti. “Prego per le defunte, prego per i familiari. La Vergine di Suyapa, Madre dell’Honduras, - invoca Francesco - aiuti i cuori ad aprirsi alla riconciliazione e a fare spazio a una convivenza fraterna, anche all’interno delle carceri”. E la preghiera alla Madonna il papa ha chiesto di rivolgerla “per implorare da Dio il dono della pace e questo lo chiediamo specialmente per il martoriato popolo ucraino”.

La pace in Ucraina è un chiodo fisso nell’attuale fase del pontificato di papa Francesco. Non perde occasione per richiamare l’urgenza della pace. Ancor più ora che i media internazionali puntano l’attenzione all’incredibile confusione su notizie di tentativo di golpe andato a vuoto per ora a Mosca. Un obiettivo la pace che la stessa informazione dovrebbe perseguire con cura reale e non solo virtuale. L’ha chiesta ai giornalisti il papa nell’incontro avvenuto ieri con la delegazione del Premio internazionale di giornalismo intitolato a Biagio Agnes. “Oggi più che in passato – ha osservato Francesco -, si può esserne distolti da parole, immagini e messaggi che inquinano la vita. Pensiamo, ad esempio, al triste fenomeno delle fake news, alla retorica bellicista o a tutto ciò che manipola la verità. Serve uno sguardo attento su ciò che avviene per disarmare il linguaggio e favorire il dialogo”.

La pace è stata anche tema accennato nella spiegazione del vangelo domenicale nella quale il papa ha ricordato l’invito di Gesù ai discepoli a non avere paura. Poco prima aveva parlato loro delle persecuzioni che “dovranno subire per il Vangelo, una realtà ancora attuale: la Chiesa, infatti, fin dalle origini ha conosciuto, insieme alle gioie, tante persecuzioni. Tante! Sembra paradossale: l’annuncio del Regno di Dio è un messaggio di pace e di giustizia, fondato sulla carità fraterna e sul perdono, eppure riscontra opposizioni, violenze e persecuzioni. Gesù però dice di non temere: non perché nel mondo andrà tutto bene, ma perché per il Padre siamo preziosi e nulla di ciò che è buono andrà perduto. Ci dice quindi di non farci bloccare dalla paura. L’unico timore è quello di sprecare la propria vita in cose di poco conto come quelle che si buttano nelle discariche di rifiuti della città. Come a dire: “non bisogna tanto temere di subire incomprensioni e critiche, di perdere prestigio e vantaggi economici per restare fedeli al Vangelo, ma di sprecare l’esistenza a inseguire cose di poco conto, che non riempiono di senso oggi la vita. E questo è importante anche per noi. Pure oggi, infatti, si può essere derisi o discriminati se non si seguono certi modelli alla moda, che però mettono spesso al centro realtà di secondo piano: le cose anziché le persone, le prestazioni anziché le relazioni”.

Tra gli esempi portati anche quello dedicato ai giovani: “Penso a un giovane o a una giovane, che hanno mille impegni e passioni: la scuola, lo sport, vari interessi, i telefonini e i social, ma hanno bisogno di incontrare le persone e realizzare dei sogni grandi, senza perdere tempo in cose che passano e non lasciano il segno. Tutto ciò, fratelli e sorelle, comporta qualche rinuncia di fronte agli idoli dell’efficienza e del consumismo, ma è necessario per non andare a perdersi nelle cose, che poi vengono buttate via, come si faceva allora nella Geenna. E nelle Geenne di oggi, invece, - constata Francesco - spesso finiscono le persone: pensiamo agli ultimi, spesso trattati come materiale di scarto e oggetti indesiderati. Rimanere fedeli a ciò che conta costa; costa andare controcorrente, liberarsi dai condizionamenti del pensare comune, essere messi da parte da chi “segue l’onda”. Ma non importa, dice Gesù: ciò che conta è non buttare via il bene più grande: la vita. Solo questo deve spaventarci”.

Carlo Di Ciccodi Carlo Di Cicco   
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