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Conte fa arrabbiare i francesi su Tav (e Cina) e Macron non ci restituisce i terroristi

Il presidente del Consiglio prima si becca una “ramanzina” di Merkel e Macron per il memorandum tra Italia e Cina, poi incontra il presidente francese e prova a convincerlo sulla Tav. “C’è stato un trattato internazionale, non si torna indietro nè si perde tempo”, lo gela.

Paolo Emilio Russodi Paolo Emilio Russo   
Conte fa arrabbiare i francesi su Tav (e Cina) e Macron non  ci restituisce i terroristi

E pensare che Sergio Mattarella si era speso moltissimo per recuperare i rapporti con la Francia, incrinati dopo la gita di Luigi di Maio e Alessandro Di Battista al cospetto dei gilet gialli, a Parigi. Giuseppe Conte, con la sua gaffe sulla Tav,  ha riaperto il fronte con i “cugini” d’Oltralpe. Le tensioni tra il governo italiano e il resto del Continente erano iniziate giovedì notte. Il premier dei Cinquestelle si è fermato a parlare nell’hotel di Bruxelles dove pernottavano con la Cancelliera tedesca Angela Merkel e il presidente francese Emmanuel Macron. Era stata soprattutto la rappresentante della Germania, che è la leader più riconosciuta in Europa, a criticare l’italiano per la firma che ci sarebbe stata all’indomani del Memorandum tra il nostro Paese  e la Cina. Secondo i partner europei, infatti, “i rapporti con la Cina andrebbero gestiti in seno all’Unione europea” e non ciascuno per conto suo.

Presidente francese si è mostrato seccato

La tensione è rimasta sotto traccia fintanto che, ieri mattina, il premier italiano ha incontrato da solo, in un incontro faccia a faccia, il capo dell’Eliseo. Nonostante Dibba sia stato messo in “sonno”, nonostante gli sforzi del Quirinale per risolvere la crisi che c’è stata, il giovane presidente dei francesi si è mostrato seccato. Più che il contenuto dell’incontro all’Hotel Amigo, però, a riacutizzare la crisi sono state le dichiarazioni del premier al termine dello stesso. “E’ stato un incontro buono e proficuo”, ha detto l’ “avvocato del popolo”. Quando i giornalisti gli hanno chiesto se nel corso dell’incontro si fosse parlato anche della Tav, Conte ha risposto così: “Anche. Abbiamo condiviso un metodo: affideremo ai nostri ministri competenti, Danilo Toninelli e Elisabeth Borne, il compito di realizzare e condividere i risultati dell’analisi costi-benefici, e su quella base aprire una discussione”. Insomma, ha sottolinea: “E’ una discussione aperta”. Sarà stata la parola “Toninelli”, che i francesi non hanno mai considerato possibile che si riaprisse una discussione sull’opera oggetto di un trattato internazionale, fatto sta che l’Eliseo si è lanciato in una smentita tagliente, secca, nei toni come nei contenuti. Recitava così: “L’incontro tra il presidente francese e il presidente del Consiglio  non è stato un momento nè di negoziati nè di decisioni sulla Tav Torino-Lione”.

La Francia andrà avanti coi bandi

L’enfant prodige che ha conquistato la presidenza francese sconfiggendo Marine Le Pen avrebbe in realtà chiarito nel corso dell’incontro che la Francia andrà avanti coi bandi senza ombra di dubbio, qualunque fosse la decisione di qua dalla frontiera.  La tensione è salita al punto che, come già accaduto nelle settimane scorse, dopo quella che fu considerata una indebita intrusione del vicepremier italiano nelle vicende interne francesi, l’inquilino dell’Eliseo ha rotto il protocollo e preso palesemente le distanze dal governo italiano durante la sua conferenza stampa al termine del Consiglio europeo, sempre a Bruxelles “Conte mi ha messo al corrente degli interrogativi italiani e del rapporto che è stato elaborato su costi e benefici della Tav Torino-Lione. Io gli ho ricordato che noi abbiamo prima di tutto un accordo intergovernativo, che ci sono dei testi internazionali e degli impegni che legano noi e l’Ue. E dunque non possiamo non tenerne conto”. I due ministri si potranno pure parlare, ma a quel livello è possibile prendere soltanto decisioni tecniche, non certo revocare i bandi o rescindere i contratti:  “La nostra ministra dei Trasporti è del tutto disponibile ad avere scambi con il suo omologo per conoscere il rapporto italiano”.

Per Conte una giornata da dimenticare

La giornata nera del premier italiano è proseguita anche dopo, quando, mentre le massime istituzioni italiane ricevevano il presidente cinese Xi Jinping e si auguravano “scambi commerciali in molti settori” e “reciprocità”, il consiglio europeo dotava per la prima volta l’Unione europea di strumenti di difesa rispetto alla guerra commerciale cinese. Merkel, Macron e gli altri non si sono fidati dell’impegno preso dal governo italiano, su iniziativa della Lega, di considerare le reti 5G “infrastruttura di interesse nazionale”, ampliando il cosiddetto “golden power”, che impedisce che Stati esteri o società estere se lo comprino, ma hanno deciso di introdurre un meccanismo di autodifesa a livello europeo. Steve Bannon, primo consigliere di Donald Trump, oggi ideologo dei “sovranisti” antieuropei, “i cinesi parlano di Via della seta ma è un modo per dare loro un dominio sul mondo; con il 5G Huawei  tutti gli altri Paesi saranno fornitori della Cina”.

L'Unione europea corre ai ripari

Mentre al Quirinale ricevevano il leader cinese, il Consiglio europeo dava mandato alla Commissione europea di adottare con urgenza, dunque “entro il 2020”, un regolamento che introdurrà una stretta nel mercato degli appalti, il cosiddetto International Procurement Investment. Le nuove norme europee  consentiranno di chiudere il mercato europeo a quelle imprese che provengono da Paesi che applicano limitazioni alle aziende europee, che non riconoscono reciprocità. Per la cronaca, dopo i dubbi dei partner europei e degli Stati uniti, dopo che Matteo Salvini si è impuntato, gli accordi firmati tra Italia e Cina nel memorandum sono scesi a 29 dai 50 iniziali.

Rapporti in crisi con la Francia

Il clima tra Italia e Francia si è fatto così teso che, nel corso del bilaterale, il presidente francese non se l’è sentita di impegnarsi ora nel superamento della cosiddetta  “dottrina Mitterand” sui latitanti ex terroristi. Da mesi e soprattutto dopo l’arresto dell’ex terrorista Cesare Battisti che era scappato in Sudamerica, le autorità italiane chiedono alla Francia di “rimangiarsi” l’ospitalità concessa agli ex brigatisti italiani negli anni Settanta e Ottanta. “Ce ne sono almeno una quindicina che dovrebbero essere in galera in Italia e invece bevono champagne a Parigi e dintorni: spero che su questo la Francia ci dia una mano e faccia quello che è giusto”, è tornato a dire ieri sera il vicepremier e ministro dell’Interno, che chiudeva la campagna elettorale per la Basilicata, a Matera. I francesi, invece, non considerano questa una urgenza e la richiesta di Conte è rimasta per ora senza risposta.

Le posizioni tra noi e i cugini restano lontanissime anche sulla Libia, dove Italia e Francia la pensano diversamente già dai tempi di Nicholas Sarkozy. Il confronto tra il generale Khalifa Haftar e il Capo del Consiglio presidenziale libico a Tripoli, Fayez Al-Serraj, non è ancora partito e il Paese resta nel caos, col rischio - che conosciamo - che partano barconi che attraversino il Mediterraneo.

Paolo Emilio Russodi Paolo Emilio Russo   
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