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Trump o non Trump: il dilemma dei Repubblicani

Dopo il risultato delle scorse elezioni di “mid term”, all’interno del partito repubblicano sono in molti a chiedersi quale sarà il futuro della leadership di Donald Trump: riuscirà il tycoon americano a rifarsi della sconfitta subita da Joe Biden? O pagherà il dazio, cedendo le redini del partito ad un nuovo protagonista?

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Trump o non Trump: il dilemma dei Repubblicani
Donald Trump (Foto Ansa)

Le elezioni americane: quando si tengono le prossime e come si svolgono?

Le elezioni americane, in programma tra due anni, a novembre del 2024, saranno un crocevia importante per la politica americana e internazionale. Si tengono una volta ogni quattro anni, e rinnovano la leadership del Presidente degli Stati Uniti e del suo esecutivo.

Si dividono in due fasi: la prima, detta delle "elezioni primarie", ha l’obiettivo di eleggere i candidati alle cariche di Presidente e di Vice Presidente, e si realizza nelle conferenze nazionali dei due maggiori partiti, quello democratico e quello repubblicano. Può avvenire o attraverso elezioni primarie chiuse, o attraverso elezioni primarie aperte: in ogni caso, il processo porterà ad individuare i due candidati che si contenderanno il posto alla Casa Bianca.

La seconda fase, invece, porta all’elezione dei cosiddetti "elettori presidenziali" di ogni singolo Stato: questi saranno chiamati a votare, a scrutinio segreto, per la nomina del Vice Presidente e del Presidente, e quest'ultimo, solo a seguito dello spoglio dei voti ricevuti effettuato dal Presidente del Senato, verrà proclamato Presidente degli Stati Uniti d'America.

Un’elezione indiretta, quella del Presidente degli Stati Uniti, che risponde tuttavia ad un rito globale e collettivo: momenti capaci di scrivere la storia, e che sottolineano il ruolo fondamentale della democrazia nella storia americana.

Prima delle elezioni presidenziali, le primarie. Come funzionano?

Sono le primarie ad essere il vero e proprio crocevia per l’elezione a Presidente degli Stati Uniti. Ed è qui che, tra alti e bassi, il già Presidente Donald Trump si gioca la sua riconferma a candidato dei repubblicani per la corsa alla Casa Bianca. La modalità di svolgimento delle elezioni primarie è diversa da partito a partito e subisce anche alcune variazioni di procedura a seconda delle diverse leggi in vigore da stato a stato.

Le primarie si svolgono per voto indiretto. L’elettore non sceglie direttamente il candidato, ma elegge dei delegati, che a loro volta saranno chiamati a votare il candidato del partito alla Presidenza degli Stati Uniti. La convention nazionale dei repubblicani, prevista nell’estate del 2023, decreterà dunque qual è il candidato vincitore in ogni singolo Stato di provenienza, arrivando a decidere il nome del futuro sfidante di quello che, al momento in cui scriviamo e secondo le opinioni degli analisti più accreditati, potrebbe essere ancora Joe Biden.

Nella maggior parte degli stati gli elettori, in un giorno prefissato, si recano alle urne ed esprimono la loro preferenza per uno dei delegati da mandare alla Congresso nazionale del partito. In alcuni Stati, tuttavia, la selezione dei delegati avviene attraverso la formazione del cosiddetto caucus, un dibattito pubblico, organizzato per fare in modo che i partecipanti si dispongano fisicamente nella parte della sala che rappresenta il delegato che intendono votare, cercando, al contenuto, di convincere gli ‘avversari’ a cambiare schieramento o gli indecisi a schierarsi dal loro lato. Posto privilegiato per i caucus, palestre, scuole ma anche luoghi privati; palcoscenici di uno straordinario esercizio di rappresentanza e votazione. Ogni caucus esprime il suo delegato con metodi, procedure e tempi diversi, sotto la diretta supervisione dei singoli partiti.

Una poltrona per… tanti. Trump, DeSantis e gli altri candidati repubblicani

Trump ha ufficializzato la sua ri-candidatura due settimane fa, con una conferenza a Mar-a-Lago; la sicurezza manifesta è un marchio di fabbrica del tycoon americano, ma rivela, in questo frangente, una fragilità evidente. Non è detto che sarà poi lui effettivamente il candidato dei repubblicani.

Le recenti sconfitte del tycoon (alle elezioni di midterm del 2018, alle elezioni presidenziali del 2020 e anche alle ultime elezioni di midterm dell’8 novembre 2022) hanno messo in forte dubbio la sua capacità di poter vincere alle prossime elezioni.

L’indagine che lo accusa di aver rimosso documenti classificati si aggiunge a quella relativa al suo ruolo nell’assalto a Capitol Hill del gennaio 2021, e complicata un quadro già complesso a causa della presunta gestione irregolare della sua holding. Aspetti giudiziari non di poco conto, che hanno offuscato ulteriormente la figura del magnate negli ultimi mesi.

Anche l’anagrafe, dal canto suo, sembrerebbe propendere per una sua non ricandidatura. Trump ha 76 anni, arriverebbe alle elezioni a 78 anni e, qualora eletto, terminerebbe il mandato a 82 anni, un’età che lo porrebbe tra i presidenti più anziani di sempre, prima di Reagan e al pari di Biden.

Giovani, forti e dal futuro radioso sono i suoi avversari interni al partito. Da Ron DeSantis, attuale governatore della Florida (44 anni) a Glenn Youngkin, governatore della Virginia (56 anni); passando per altri nomi illustri quali quelli di Nikki Haley, ex ambasciatrice delle Nazioni Unite (50 anni), Mike Pompeo, Ex Direttore CIA e Segretario di Stato (58 anni), Tim Scott, senatore della Carolina del Sud (57 anni), Mike Pence, ex VicePresidente di Trump (63 anni), e Chris Christie, ex Governatore del New Jersey (60 anni).

Di questi, gli analisti danno in pole position Ron DeSantis per il ruolo di antagonista a Trump; un politico giovane ma molto forte, confermato alle ultime elezioni Governatore della Florida con quasi 19 punti di vantaggio sull’avversario democratico.

Dall’immigrazione ai cosiddetti temi etici, i punti di contatto tra i due sono molti. Donald Trump sembra temerlo, e non poco, al punto di affidargli un soprannome pubblico, “Ron DeSanctimonious‘, e minacciarlo pubblicamente a mezzo stampa. Attraverso i canali di “Fox News”, Donal Trumpo ha avvertito DeSantis di rimanere fuori dalle elezioni presidenziali del 2024 e ha detto: «Non so se sta correndo. Penso che se corre, potrebbe farsi molto male. Credo davvero che potrebbe ferirsi gravemente».

La posizione di DeSantis è stata inoltre rafforzata da due recenti endorsement: uno dell’imprenditore Elon Musk, da poco nuovo proprietario di Twitter, l’altra di Fox News, canale televisivo storicamente vicino alle posizioni di Trump.

Tra i due candidati, il terzo… non gode

La sfida tra i due diventerà sempre più accesa nei prossimi mesi e sarà molto appassionante seguirla per tutti i fan della politica americana, con la consapevolezza – profonda - che Trump riesce spesso a ribaltare i pronostici e le previsioni, come già mostrato nel 2016. Inoltre, e lo sanno bene i vertici del partito, Donald difficilmente può accettare un’ennesima sconfitta. Resta sempre valida per il tycoon l’opzione di presentarsi alle elezioni come terzo candidato indipendente; un atto che potrebbe danneggiare proprio i repubblicani, sulla scia di quanto successe nel 2000 con il precedente di Ralph Nader che, da candidato indipendente, contribuì alla sconfitta di Al Gore contro George Bush.  Trump o non Trump, questo è il vero dilemma.

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