Diritti delle donne, cosa succede in Medio-Oriente
Le proteste non si sono mai fermate e il loro obiettivo è quello di far emergere la dura repressione del Governo autoritario di natura islamista, sempre più in crisi anche sotto il profilo economico e diplomatico

Aumentano le proteste a tutela dei diritti delle donne in Iran grazie al sostegno da parte dell’Occidente. In Iran, dal 16 settembre 2022 sono in corso proteste a seguito della morte di Mahsa Amini, ventiduenne arrestata, aggredita e ridotta in fin di vita dalla polizia morale iraniana per non aver indossato il velo come richiesto dalla legge. Da allora, dopo la sua morte, è proseguita la repressione governativa. Secondo diverse ONG a tutela dei diritti umani, migliaia di persone sono state arrestate e più di 200 sono morte.
Le proteste non si sono mai fermate e il loro obiettivo è quello di far emergere la dura repressione del Governo autoritario di natura islamista, sempre più in crisi anche sotto il profilo economico e diplomatico. Le autorità iraniane hanno cercato di porre fine alle proteste attraverso un ampio dispiegamento dei servizi di sicurezza, alimentando maggiormente le critiche. In molte città questa dura repressione ha causato migliaia di arresti e l'uso della forza contro le numerose manifestazioni pacifiche.
Tra l’altro, nell’elenco di accuse che la comunità internazionale imputa a Teheran, ci sono anche limitazioni dell'accesso a Internet e l’arresto di giornalisti. Decine di persone coinvolte nell’opposizione sono state condannate a morte e all’inizio di dicembre sono state eseguite le prime due esecuzioni di persone arrestate durante le proteste, una delle quali eseguita in pubblico.
Ferma è stata la reazione della Nazioni Unite. Il Consiglio economico e sociale ha infatti votato una risoluzione elaborata dagli Stati Uniti per rimuovere con effetto immediato l'Iran dalla Commissione sullo status delle donne, che si occupa della promozione dell'uguaglianza di genere e dell'empowerment delle donne, per il resto del mandato 2022-2026. I ventinove Stati membri hanno votato a favore della risoluzione, nonostante otto membri, tra cui Russia e Cina, abbiano votato contro l’adozione. L’ambasciatore iraniano Amir Saeed Iravani ha prontamente difeso le posizioni del proprio Paese, definendo l'espulsione una mossa illegittima e ha accusando gli Stati Uniti di usare l’ONU per portare avanti la propria agenda politica.
Una situazione, quella iraniana, sulla quale è opportuno vigilare. I diritti fondamentali della persona non dovrebbero mai venir meno, così come l’impegno a parlare apertamente di queste tematiche.
Un altro scenario: in Afghanistan i talebani mettono al bando le donne dalle università, tra divisioni interne e critiche internazionali
Negli stessi giorni della repressione iraniana, su un altro fronte, i talebani hanno bandito le donne dalle università in Afghanistan, provocando la condanna internazionale e la disperazione tra i giovani del Paese. Il ministro dell'istruzione, annunciando la decisione con effetto immediato, ha sottolineato come il divieto limiti ulteriormente il diritto all'istruzione delle ragazze afghane, già escluse dalle scuole secondarie dal ritorno al potere dei talebani lo scorso anno.
In risposta a questa decisione alcune donne hanno organizzato proteste a Kabul e le studentesse dell’Università della Capitale hanno raccontato la loro angoscia e la tristezza nel vedere i loro sogni futuri distrutti. Le proteste hanno inoltre bloccato la città, nonostante siano state rapidamente interrotte dai funzionari governativi. Questa repressione si aggiunge alle restrizioni già messe in atto negli scorsi mesi: solo a novembre, per esempio, sono state bandite da parchi, palestre e bagni pubblici della capitale.
Il leader talebano Hibatullah Akhundzada e la sua cerchia ristretta si sono opposti all'istruzione moderna, in particolare per le ragazze e le donne. I funzionari più moderati e gli analisti affermano che questo problema sia un punto di divisione nei diversi gruppi di talebani: tuttavia, il ministero dell'Istruzione ha affermato che i suoi esperti hanno valutato l'ambiente universitario e che la frequenza per le ragazze sarà sospesa fino a quando non sarà possibile offrire loro un ambiente adatto. A marzo, i talebani avevano promesso di riaprire alcune scuole superiori per ragazze, ma si è rivelato un nulla di fatto e la decisione era stata ritirata.
Le Nazioni Unite e diversi paesi hanno condannato la decisione, che riporta l'Afghanistan al primo periodo di governo talebano, quando le ragazze non potevano ricevere un'istruzione formale. Il relatore speciale delle Nazioni Unite per l'Afghanistan ha affermato che si tratta di un’ulteriore violazione del diritto alla parità di istruzione che escluderebbe così le donne dalla vita pubblica del Paese.
Secondo gli Stati Uniti questa mossa avrà conseguenze: i paesi occidentali hanno chiesto al governo afgano di migliorare l'istruzione femminile in caso di un suo futuro riconoscimento come governo legittimo e i talebani avevano promesso un governo meno intransigente dopo essere saliti al potere lo scorso anno in seguito al ritiro degli Stati Uniti dal paese, ma gli islamisti più ortodossi hanno continuato a ostacolare i diritti e le libertà delle donne nel paese.
La strada per il riconoscimento dei diritti delle donne in alcune regioni del medio oriente sembra ancora lunga e irta di ostacoli.