Come rilanciare il Made in Italy: è il terzo marchio più riconosciuto al mondo dopo Coca-Cola e Visa

Ogni nazione ha un marchio distintivo che caratterizza i prodotti e le sue filiere produttive: la nostra Italia si è sempre distinta per l’alta qualità dei prodotti, l’eleganza, l’originalità e le tecniche produttive impiegate. Il Made in Italy è il terzo marchio più riconosciuto al mondo dopo Coca-Cola e Visa

Come rilanciare il Made in Italy: è il terzo marchio più riconosciuto al mondo dopo Coca-Cola e Visa

L’innovazione e la creatività sono state messe dal governo alla base delle azioni per la promozione e la tutela dell’immagine dell’Italia nel mondo: l’esecutivo vuole sostenere il capitale di creatività, originalità, innovazione che offre il nostro Paese e per fare questo ha fatto fare al Made in Italy un trionfale ingresso nella dicitura ufficiale del Mise, ribattezzato come “Ministero delle Imprese e del Made in Italy” – MIMIT – a guida del Ministro Adolfo Urso. Questo cambio di nome non porta con sé solamente un cambio lessicale, ma una precisa indicazione delle priorità strategiche che il nuovo governo intende perseguire.

Il Made in Italy: che cos’è?

Il concetto di Made in Italy è stato introdotto a partire negli anni ‘80 e indica la specializzazione internazionale del sistema produttivo italiano nei settori manifatturieri cosiddetti tradizionali: dai settori dell’abbigliamento all’arredamento, dall’automotive all’agroalimentare.  I prodotti italiani sono spesso accumunati da un mix di elementi che ne determina il successo e la riconoscibilità sul piano internazionale: eccellenza, alta specializzazione delle tecniche di produzione, contesto, modalità di realizzazione e forte radicamento nelle tradizioni, specializzazioni e saperi territoriali. 

Le imprese del Made in Italy sono solitamente di dimensioni medio – piccole  e ricoprono spesso posizioni di leadership sui mercati internazionali. In Italia, le filiere di produzione incidono profondamente sui territori e sulle realtà locali. Citare qualche nome, a livello italiano, non guasta: Benetton, Luxottica, Merloni, Barilla, Ferrero, Armani, Safilo, Prada, Zegna, Ferragamo, Lavazza, Granarolo, Campari e molte altre possono essere annoverate tra le aziende di riferimento e di eccellenza a livello globale. Lusso, moda e agroalimentare sono alcuni dei settori (ma l’elenco non è esaustivo) nei quali l’Italia è tra i leader mondiali: aree in cui, nemmeno a dirlo, la creatività e l’innovazione giocano un ruolo cardine.

Il Made in Italy: le sfide al giorno d’oggi

La spinta alla digitalizzazione è per il nostro Paese una moneta dalla duplice faccia, rappresentando allo stesso tempo un’opportunità e una sfida: aziende e filiere dovranno abbracciare sempre più la rivoluzione digitale che è capace di portare, tra le tante, ad un incremento nelle vendite online, attraverso uno stoccaggio massivo di informazioni su piattaforme digitali e l’utilizzo dei social media anche a fini economici. Diventa quindi cruciale la rapidità di adattamento di tutta la filiera ai temi digitali, per continuare a posizionarsi come leader nei mercati internazionali con doti di resilienza e sostenibilità.

Per essere al passo con i trend globali, le aziende del Made in Italy dovranno così rafforzare ulteriormente i canali di vendita digitali: da un lato promuovere una maggiore presenza dei prodotti italiani sulle piattaforme esistenti, dall’altro sviluppare nuove piattaforme e strumenti di vendita. Lo sviluppo di maggiori competenze digitali per le aziende diventa quindi un asset strategico per implementare la “voce” export.

Un’altra sfida fondamentale per l’export riguarda la partita della lotta alla contraffazione. L’OSCE stima che negli anni passati il valore dei prodotti contraffatti a marchio Made in Italy è costato all’intera filiera oltre 8 miliardi di euro, che salgono a 24 miliardi per le aziende vittime di violazione di marchi e brevetti.

Il Made in Italy come asset per il Paese

L’export di prodotti italiani per i tre settori di eccellenza del Fashion, Food & Furniture è previsto al rialzo, con stime che lo vedono arrivare a 600 miliardi di euro nel 2023. Tra tutti, sono i prodotti definiti quali “beni di consumo belli e ben fatti” a rappresentare una parte consistente delle esportazioni complessive dell’Italia. Questi beni sono una leva di competitività per il Made in Italy e, con i propri tratti distintivi, sono una bandiera dell’italianità nel mondo, riprendendo e contribuendo a valorizzare, indirettamente, i tratti più caratteristici del nostro heritage culturale. Dalle iniziative di nation branding, quali, ad esempio, la campagna di comunicazione #BeIT, ai padiglioni di Expo, l’Italia deve continuare sulla strada della promozione del suo made in italy, che è, e lo sarà sempre, un vero asset per lo sviluppo del Paese.

La strada è tracciata, ed è ben chiara alla politica: serve una strategia strutturale e di filiera per raggiungere i risultati sperati. In questa partita, l’approccio agli strumenti digitali, la valorizzazione dell’innovazione e della creatività sono le vie da perseguire: per rendere, ancora di più, il Made in Italy un vero asset per il Paese.